venerdì 21 maggio 2010

L’integrazione si costruisce anche con la cultura

La recente e discussa vicenda del centro culturale islamico a Greve in Chianti ci ha visti fin dall’inizio favorevoli ad un percorso di integrazione dei cittadini di fede musulmana.
Garantire a tutti il diritto costituzionale alla libertà di culto è un dovere delle istituzioni, anche locali, e deve essere fatto, come correttamente sta facendo l’amministrazione comunale, attraverso la partecipazione e la condivisione da parte della comunità grevigiana.

Riteniamo particolarmente gravi e allarmanti le posizioni e le iniziative di chi ha strumentalizzato – e continua a strumentalizzare – questa vicenda, addensando una densa nebbia di falsità, paura e intolleranza per fini puramente elettorali e di visibilità. E anche le posizioni di chi cerca di rimuovere il problema, indicandone altri, come se la tutela dei diritti non fosse un’emergenza democratica e di drammatica attualità.

L’incontro che si è svolto martedì 18 maggio al circolo Arci di Greve, alla presenza del Presidente Enrico Rossi, ha segnato un importante momento di discussione pubblica e partecipata, dal quale sono emerse con chiarezza le finalità e le motivazioni che muovono l’amministrazione a proseguire in un dialogo costruttivo e fertile con la comunità musulmana.

Noi pensiamo che l’integrazione sociale, culturale e civile delle tante anime che compongono una comunità debba essere uno degli obiettivi prioritari di chi amministra i nostri territori. E per farlo è necessario essere consapevoli che mettere a disposizione uno spazio per la preghiera rappresenti solo un tassello di un mosaico molto più ampio.

Non possiamo nasconderci la diffidenza con cui l’iniziativa è stata accolta tra la gente, anche di sinistra. Quello dell’integrazione, dell’apertura alle nuove culture, è un tema delicato, su cui per anni la destra ha giocato una partita ignobile basata sull’istigazione alla paura dell’altro e sulla mistificazione della realtà. Una partita che trova il suo terreno ideale nell’impoverimento culturale e nella guerra tra esclusi.

Per questo, noi riteniamo che la battaglia per il riconoscimento dei diritti costituzionali debba passare anche da un investimento consistente nelle politiche culturali, a tutti i livelli amministrativi.

Siamo consapevoli che siamo in un periodo di crisi, di “vacche magre”, e che in questi casi le prime voci di spesa ad essere tagliate sono quelle della cultura. Noi pensiamo, però, che questa sia una scelta suicida per il centrosinistra. Il berlusconismo, il leghismo, l’ideologia della destra italiana hanno vinto e continueranno a vincere desertificando i due pilastri del nostro Paese: la scuola e la cultura.

Facciamo dunque un appello a tutto il centrosinistra, a tutti i nostri amministratori, alla società civile, affinché venga assicurato un impegno sempre più determinato e convinto a sostegno della cultura e delle iniziative indispensabili alla costruzione di un mondo più aperto, rispettoso dei diritti e della dignità delle persone.