martedì 23 ottobre 2012

Greve in Chianti: nasce il Comitato per Vendola Presidente

18 ottobre 2012
Anche a Greve in Chianti è nato il Comitato a sostegno della candidatura di Nichi Vendola alle primarie del centrosinistra del prossimo 25 novembre.
“Siamo aperti al contributo di chiunque si collochi nel centrosinistra e in alternativa alle politiche del Governo Monti, per la costruzione di un’Italia radicalmente diversa. Oggi siamo noi i protagonisti del cambiamento e ne sentiamo la responsabilità. La politica non è tutta uguale.”
Nelle prossime settimane, a partire da sabato 20 ottobre, il Comitato darà vita ad iniziative pubbliche con l’obiettivo di favorire la più ampia partecipazione alle primarie e di far conoscere le proposte contenute nel programma di Vendola come candidato alla guida del centrosinistra.
Tra i primi aderenti al Comitato: Maria Giovanna Bencistà, Letizia Burgassi, Rosalba Lo Paro, Diletta Carotti, Giulio Pecorini, Claudio Cini, Enrico Prosperi, Giacomo Amalfitano.
Chiunque voglia aderire al Comitato o comunque dare un contributo attivo, può scrivere una mail a grevepervendola@gmail.com o contattare Maria Giovanna 349/8393548.

mercoledì 26 settembre 2012

Noi ci candidiamo. Fallo anche tu!



Siamo ragazze e ragazzi, giovani donne e giovani uomini, nati in quel decennio tra la fine degli anni ’70 e la fine degli anni ’80.
Siamo cresciuti con l’idea che la nostra vita sarebbe stata peggiore rispetto a quella delle generazioni che ci hanno preceduto.
Siamo stati i primi a sperimentare sulla nostra pelle la precarizzazione del mondo del lavoro,  a dover sentire parlare di noi come di una generazione perduta, a non sapere come sarà il nostro futuro, se riusciremo mai ad avere una casa, fare un figlio, metter su famiglia.
Gli anni che abbiamo alle spalle sono stati anni durissimi dai quali bisogna venirne fuori al più presto, perché altri 5 anni senza politiche che combattano la precarietà, senza politiche che non affrontino nel profondo la questione generazionale, sarebbero una condanna definitiva, rappresenterebbero un vero e proprio punto di non ritorno.
E allora non è più tempo per tentennare. Non c’è più modo per rimandare.
Se vogliamo cambiare le cose, tocca a noi metterci la faccia. Con le nostre storie e i nostri sentimenti.
A partire dalle primarie di centrosinistra, perché non ci interessa solamente chiudere con la stagione dei nani e delle ballerine, o con quella di un governo che parla di noi come di una generazione perduta.
E allora noi ci candidiamo ad essere i principali protagonisti della prossima stagione. Ci candidiamo perché la questione giovanile non vuol dire rendere giovanilistica la politica, ma mettere in campo la storia delle nostre generazioni.
Pensiamo che Nichi Vendola sia la persona che meglio abbia dimostrato di comprendere e trasformare in un’azione di governo la questione giovanile e gli chiediamo di candidarsi con noi.
Noi ci candidiamo perché vogliamo un’Italia Migliore.
Noi ci candidiamo perché vogliamo che nessuno si senta più solo.
Noi ci candidiamo perché vogliamo cambiare il nostro futuro.
Noi ci candidiamo, perché  il prossimo governo deve avere bene in testa che l’Italia si cambia davvero solo se si cambia il destino delle nostre generazioni.
Noi ci candidiamo.
Fallo anche tu!
per aderire: falloanchetu@libero.it

sabato 18 febbraio 2012

Il manifesto orgoglio della sinistra

venerdì 17 febbraio 2012

Ieri Nichi Vendola è andato a trovare la redazione de il Manifesto. Oggi il quotidiano pubblica la conversazione dell’incontro che qui vi riportiamo.

E’ venuto a trovarci in redazione Nichi Vendola: “Sono venuto perché interpretate la missione della sinistra come costruzione di un punto di vista autonomo”. Chiacchierata tra primarie e Monti: “Non siamo affatto nel post-berlusconismo”.

Qualche giorno fa Nichi Vendola aveva chiesto se poteva passare a trovarci al giornale. Se non era, chissà perché, un disturbo. Come tante e tanti, vuole sapere se ci siamo, come va l’ultima campagna per la salvaguardia del manifesto, che cosa succederà adesso. E’ passato ieri, subito prima della nostra riunione di redazione. Con lui, come con tutti, abbiamo avuto in questi anni sintonie e distanze. Litigate furibonde e gioie spericolate. Come le quattro elezioni in Puglia, primarie e «secondarie», raccontate – tra gli altri – da Cosimo Rossi per la manifestolibri. Ne è venuto fuori un forum informale con giornalisti e poligrafici, una specie di intervista in piedi nello stanzone dei capiredattore.

Allora Nichi, perché sei qua?
Perché il manifesto non è mai stato un giornale di partito. E’ stato l’orgoglio della sinistra. Perché interpreta la missione della sinistra come la costruzione di un punto di vista autonomo, di uno sguardo libero sul mondo. E’ un luogo capace di spiazzamenti continui e permanenti. Siete una spina nel fianco che impedisce la pigrizia. Siete indigesti, rognosi, fastidiosi. Ma questo è terribilmente necessario. Sono qua perché dobbiamo chiederci che cosa diventa questo paese se si spengono alcune luci che nei periodi più bui hanno consentito a tante e tanti di orientarsi. L’idea che si spenga la luce «manifesto» e contemporaneamente si spenga la luce «Fiom» dovrebbe destare molta preoccupazione in tutti.

Cos’è che potrebbe spegnerle?

La crisi della politica, più precisamente, è la crisi della sinistra, l’indistinzione di uno sguardo che non distingue più tra gli schieramenti politici. Ma una sinistra che non distingue più è cieca. Una sinistra che non guarda dentro i luoghi del lavoro è cieca. E non può più elaborare un punto di vista autonomo. Tante volte abbiamo ricordato Di Vittorio che invitava i braccianti di Puglia a non togliersi la coppola davanti al padrone. Oggi non dovremmo toglierci la coppola di fronte al pensiero unico, che domina la politica e l’immaginario. Un mercato in cui le scelte politiche vengono mascherate come tecniche. In cui ammazzare ciò che resta della civiltà del lavoro è presentato come un programma “tecnico”.
Accanto a voi c’è la vicenda della Fiom. In cui l’autoritarismo della Fiat è percepito come compatibile con la sinistra. Marchionne al massimo viene criticato come un fenomeno di costume. Invece la sua è una gigantesca costruzione ideologica che serve a smontare lo statuto dei lavoratori. Si vuole togliere centralità al lavoratore e trasferirla al lavoro. Inteso, senza dirlo, come pura funzione dell’impresa. Nella lotteria selvaggia di Pomigliano 800 operai perderanno il lavoro solo perché sono iscritti alla Fiom. Vorrei chiedere a quelli che non sono d’accordo con voi o con la Fiom: ma non sentite una mutilazione della qualità complessiva del paese e della sua cultura? Per questo sono qua. Non abbiamo bisogno di luoghi consolatori. Servono luoghi che ricostruiscano. Soprattutto oggi, quando perfino i «pilastri della saggezza» possono diventare il più clamoroso degli sbandamenti teorici e politici. Abbiamo bisogno di voi. Di tante teste che ci aiutino a decifrare la complessità della condizione europea. Ci serve sia la lotta alla base della piramide sociale, dove si misura l’asprezza della lotta di classe, sia al vertice, dove si formano l’immaginario, le culture.

Che cos’è che non ti piace del «manifesto»? Facci una critica.

Non la farò a voi. La faccio a qualcuno che spesso consideriamo un compagno di viaggio. A una certa subcultura della Rete. Per esempio il «grillismo» è una cultura di destra. Il racconto del superamento delle categorie di destra e di sinistra è tipico di un’egemonia di destra.

Che cosa c’è di destra del grillismo?

L’idea che la complessità sia un’invenzione dell’avversario. Che basti esorcizzarla con una bestemmia salvifica, una catarsi rapida fatta di vocalizzi comici. Lì c’è un sospetto nei confronti della politica: che la politica in quanto tale abbia una vocazione manipolatoria, che sia una politica complice soprattutto se si ferma a esaminare la complessità. In questo gigantesco blob che ci circonda quello che manca non sono le informazioni ma un orientamento a decifrarle. Servite voi. Anche quando sbagliate.

Rispetto a Berlusconi e dopo un mese di governo Monti com’è la situazione?

E’ peggiorata. Viviamo in un equivoco: non siamo affatto nel post-berlusconismo. Che la devastazione del mercato da lavoro la faccia uno con la faccia da maiale o uno con la faccia da santo non fa differenza. Che la devastazione dell’istruzione pubblica la faccia una dilettante allo sbaraglio o un serio professionista non cambia nulla. Non è che basta un interlocutore raffinato a cambiare politica. Se l’istruzione viene finanziata premiando la ricchezza, se la valutazione scolastica ha a che fare con i redditi di un territorio è chiaro che in una regione come la mia io sarò penalizzato a prescindere dalla produzione scientifica e culturale.

Questo è un governo assolutamente nordista. Monti fa fatica a capire che il Sud non è una palla al piede per l’Italia, ma il terreno decisivo per l’uscita dalla crisi. Il Sud è il terreno di un nuovo modello di sviluppo. Monti non riesce nemmeno a pronunciare l’aggettivo «sostenibile», che pure consideriamo ambiguo. Per questo con De Magistris e molti sindaci stiamo cercando di fare rete tra varie città. E poi c’è l’Europa, questa Europa che è una schifezza. Soltanto la Grecia ci dice che schifezza è diventato questo continente. Il resto è tutto criptato, tecnicamente sottratto alla conoscenza. In Grecia non ci sono i farmaci negli ospedali, pensionati e dipendenti non sanno più che cosa fare con quello che prendono. L’Europa è morta perché non ha nessuna soggettività politica sulla scena del mondo. E’ stata uccisa, ed è un crimine planetario. Ma che cos’è un’Europa che ambisce ad essere come il New Jersey?

Per volare più basso, com’è che alle primarie del Pd vincono sempre i candidati di Sel?

Si può rispondere in tanti modi. Il popolo di centrosinistra è uno solo. E ambisce a un orientamento di sinistra. Quando può scegliere, sceglie l’acqua pubblica, il no al nucleare, Pisapia, spiazza sistematicamente le nomenklature che per real politik hanno già messo all’incanto le ragioni della vita. A Milano per la prima volta si è visto il post-berlusconismo. Che non è il disgusto per le olgettine – per me il peggio del berlusconismo è Apicella, il mito di Dioniso col mandolino del posteggiatore – Il berlusconismo è stato la più straordinaria privatizzazione della cosa pubblica mai vista. A cominciare dalla cosa pubblica più importante che è la politica.
Ha spinto un intero popolo a vedere la politica come tifo verso chi scende in campo. Il berlusconismo è stato una rivoluzione passiva, non un’epopea di un gruppo di arricchiti maschilisti. E’ solo grazie alle critiche delle donne che siamo passati da un fastidio estetico all’analisi di un simbolico che riguarda tutti i maschi, inclusi quelli di sinistra.
Vi rispondo però per come l’ho vissuto io. Per me è importante la fine delle rendite di posizione. Sia per i «riformisti» che per i «radicali». Le primarie servono a entrare nel merito. Oggi abbiamo sfide inedite e non si può lasciare tutto com’era. Come si coniuga lavoro e reddito, welfare e genere, crescita e ambiente? Spesso i riformisti slittano su posizioni conservatrici. E i radicali si rinchiudono in gusci ideologici. Se non vogliamo abdicare al mercato dobbiamo tutti metterci in discussione.

Fonte: ilmanifesto

venerdì 3 febbraio 2012

Una stecca di Stecchi...

Greve, in consiglio comunale si discute un ordine del giorno di condanna degli episodi di razzismo e violenza avvenuti nello scorso dicembre a Firenze. Si dà lettura del testo ed il consigliere Stecchi esce dall'aula per rientrare solo a votazione conclusa. La discussione è ampia, anche perché molti consiglieri di minoranza sentono la necessità di manifestare i loro distinguo prima di arrivare al voto. Si vota, l'o.d.g. passa all'unanimità e Stecchi rientra in aula. Il sindaco domanda come mai ha abbandonato l'aula, Stecchi risponde sorridendo: "Sono uscito per andare in bagno e poi non sono rientrato perché non sopportavo la discussione". La discussione di chi? Della maggioranza, oppure dei compagni di minoranza con cui firma interpellanze, mozioni ed articoli sui giornali? Ma soprattutto viene da chiedersi - avendo il consigliere Stecchi evitato non solo la discussione ma anche la votazione - non sarà che non sopportava neppure l’o.d.g.?
Per quanto ci riguarda, la bocciatura del consigliere - in materie e in valori fondamentali, come il rispetto delle libertà individuali e la condanna di ogni forma di razzismo e violenza politica - è totale.
Una pochezza che avevamo già visto, quando, nella scorsa primavera, dichiarava in consiglio di non avere avuto il tempo di leggere la mozione sul tema del testamento di fine vita o quando, poche settimane fa, non è stato in grado di capire l’utilità di piccoli passi in avanti, come l’istituzione di un registro comunale che potesse accogliere le libere volontà dei cittadini in una materia così delicata.
A considerare il suo altezzoso snobismo nei confronti di questi temi, un’altra domanda sorge spontanea: dov’è, nei comportamenti “politici” del consigliere Stecchi, il “civismo” che rivendica nella homepage della sua lista?
Ma si sa, ormai il nostro consigliere è attratto, in maniera ossessiva, da un unico argomento monotematico: l’urbanistica, tanto che, spesso, per come pone le questioni, sembra piuttosto il ventriloquo o il portavoce di qualcun altro.
La verità è che questi tempi sono difficili e pericolosi, la crisi non è soltanto crisi economica. La destra e la sinistra, la maggioranza e l’opposizione, sia locale che nazionale, amministrativa o partitica, hanno il dovere di offrire alla società risposte ampie, responsabili e all’altezza della complessità che viviamo, pena la decadenza ulteriore delle istituzioni, con gravi conseguenze per tutti.
Rimane ancora una riflessione da fare, che è al tempo stesso un mistero per noi irrisolto: quale retroterra culturale e quale prospettiva politica uniscono Paolo Stecchi, ormai rappresentante solo di se stesso e certamente “uomo d’ordine”, e Maurizio Marziali, Filippo Pierini e Tiziano Allodoli, rappresentanti, al contrario, di tradizioni di sinistra, libertarie e popolari?
Ai posteri l’ardua sentenza.

PD, SEL, IDV Greve

martedì 6 dicembre 2011

Una manovra da bocciare

Le prime notizie sui contenuti della manovra Monti ci fanno esprimere un giudizio del tutto negativo. Sembrano passati secoli dal discorso d’insediamento in cui il professore indicava nella lotta all’evasione fiscale, nello spending review e nella giustizia l’orizzonte da perseguire con determinazione. La realtà purtroppo è un’altra.
La crisi, scatenata dalla finanza globale e aggravata dall’inerzia prolungata del governo Berlusconi e dagli altri governi europea, non può ancora una volta essere pagata da lavoratori, pensionandi, che si vedono rubati tre anni di vita, e pensionati. Non bastano il credito d’imposta a sostegno della ricerca e i premi a chi rottama impianti inquinanti per dare un segno progressivo alla manovra.
Il taglio ulteriore agli enti locali, Regioni Comuni e Province, determinerà una situazione drammatica per la sanità pubblica, per i servizi alla persona, per le politiche sociali. Il welfare municipale non sarà più in grado di contenere la moltiplicazione dei bisogni sociali e della disperazione.
Il possibile aumento del 2% dell’Iva, su cui già si era intervenuti un mese fa, avrà ulteriori ripercussioni negative sul potere d’acquisto delle famiglie, dei giovani, dei precari, contraendo i consumi, fino ad arrivare anche a quelli di prima necessità.
Da ultimo l’assenza di una patrimoniale getta un’ombra imbarazzante sul governo Monti. Senza giustizia sociale e senza forme di progressività nella tassazione è difficile cogliere discontinuità sostanziali dal governo precedente.
Sinistra Ecologia Libertà continuerà a fare la propria parte contro la crisi e le politiche neoliberiste dimostrando che ci può essere una strada alternativa a quella dell’austerità che ci consegna ad una recessione senza crescita, senza politiche industriali e senza lavoro.
Per questo nei prossimi giorni presenteremo con Vendola un nostro pacchetto denominato “Patrimoniale per la giusta crescita”. Una serie di azioni che dimostrano come e dove scovare risorse colpendo i grandi patrimoni, le rendite e coloro che non hanno mai pagato.
Ma anche alcune idee per salvare non solo il Paese ma la tenuta stessa dell’Unione Europea. Come la creazione di una autorità di rating europea, l’euro-project bond, il ruolo della BCE come prestatore di prima e condizionata istanza.
Azioni fondate sulla centralità della patrimoniale, prima straordinaria poi ordinaria, sugli accordi internazionali contro la fuga dei capitali, sulla trasparenza e la lotta all’evasione, sul colpire i capitali scudati, sulla lotta alla corruzione, su di un fisco più equo, sulla tassazione delle emissioni inquinanti e su come e quanto colpire immobili e beni mobili di lusso.
Azioni da suggerire a chi siede in Parlamento. Perché saranno i parlamentari a votare la manovra. Pensiamo che le forze democratiche che siedono alla Camera e al Senato debbano trovare le idee e la forza per cambiare di segno ad una manovra sbagliata, ingiusta e fondamentalmente recessiva. E per questa via ridare forza alla politica, alla democrazia e persino all’idea stessa di Alternativa.
Massimiliano Smeriglio